«Tilili», Istanbul ricorda Hrant Dink
Artisti e intellettuali turchi prestano la voce per l'installazione sonora dedicata al giornalista assassinato un anno fa
Orsola Casagrande
Tilili è il tradizionale suono che le donne dell'Anatolia ottengono con la voce. Una specie di trillo che viene usato sia quando si piange e si commemora qualcuno che durante eventi felici, come i matrimoni. Tilili è il nome dell'installazione che fino al 30 gennaio ricorderà il giornalista armeno turco Hrant Dink, assassinato il 19 gennaio di un anno fa a Istanbul, mentre usciva dalla redazione del giornale di cui era direttore Agos. Il processo contro il killer di Dink, un ragazzo neanche ventenne originario del Mar Nero, è in corso. Ma quel giovane (un fanatico nazionalista si è detto) è l'esecutore materiale di quell'orribile delitto. I mandanti sono altri. Ma il tribunale non li individuerà, come già è successo per troppe vittime in Turchia. Perché i mandanti sono da ricercare nella legislazione turca che vuole «colpevole» chiunque parli di differenze, di pace, di convivenza. Hrant Dink parlava di questo e anche di storia. Perché soltanto riconoscendo gli orrori del passato si può pensare alla costruzione di un presente diverso. Dink aveva parlato del genocidio degli armeni del 1915. Per questo era finito sotto processo. Per questo da mesi la stampa turca lo additava come «colpevole». Un pericolo per «l'unità» dello stato. Qualcuno da eliminare. E puntualmente è stato eliminato.
Ora a Istanbul si vuole ricordare Dink e il suo lavoro con questa installazione. Una mostra «sonora». Nel senso che assieme ai poster e alle riproduzioni di alcuni articoli del giornalista, si potranno ascoltare quegli stessi pezzi letti da attori e intellettuali che hanno prestato la loro voce a questo progetto. Nato per iniziativa di un gruppo di giovani armeni, aleviti, kurdi, turchi, chiamato «Hadig» (grano in armeno), Tilili raccoglie 19 articoli scritti da Dink. 19 come la data in cui è stato assassinato il giornalista, il 19 gennaio. E 19 sono le voci che partecipano al progetto. Ma l'emozione più grande è ascoltare la voce dello stesso Dink.
Il progetto è completato da una serie di poster, tra cui quello che riproduce quattro melograni. Il melograno, nar, è il simbolo della fertilità, della convivenza. «I semi del melograno siamo noi - dice una delle organizzatrici dell'evento - con le nostre diversità, lingue, culture, tradizioni diverse che quando si uniscono formano l'integrità della Turchia».
Kalan musik, la casa discografica indipendente che da anni produce musica dalle Turchie (al plurale perché tante sono le etnie che compongono questo straordinario paese) ha messo a disposizione del progetto i suoi studi. Qui sono state registrate in tre settimane le letture degli articoli di Dink. Tra le voci, quella di Mehmet Ali Alabora, Okan Bayulgen, Haluk Bilginer, Yetkin Dikinciler, Tuncay Kurtiz, Fikret Kuskan, Lale Mansur, Serra Yilmaz. Gli organizzatori del progetto (che dovrebbe girare anche in Europa e negli Usa) non nascondono la loro preoccupazione per le reazioni che un simile evento potrebbe scatenare.
Artisti e intellettuali turchi prestano la voce per l'installazione sonora dedicata al giornalista assassinato un anno fa
Orsola Casagrande
Tilili è il tradizionale suono che le donne dell'Anatolia ottengono con la voce. Una specie di trillo che viene usato sia quando si piange e si commemora qualcuno che durante eventi felici, come i matrimoni. Tilili è il nome dell'installazione che fino al 30 gennaio ricorderà il giornalista armeno turco Hrant Dink, assassinato il 19 gennaio di un anno fa a Istanbul, mentre usciva dalla redazione del giornale di cui era direttore Agos. Il processo contro il killer di Dink, un ragazzo neanche ventenne originario del Mar Nero, è in corso. Ma quel giovane (un fanatico nazionalista si è detto) è l'esecutore materiale di quell'orribile delitto. I mandanti sono altri. Ma il tribunale non li individuerà, come già è successo per troppe vittime in Turchia. Perché i mandanti sono da ricercare nella legislazione turca che vuole «colpevole» chiunque parli di differenze, di pace, di convivenza. Hrant Dink parlava di questo e anche di storia. Perché soltanto riconoscendo gli orrori del passato si può pensare alla costruzione di un presente diverso. Dink aveva parlato del genocidio degli armeni del 1915. Per questo era finito sotto processo. Per questo da mesi la stampa turca lo additava come «colpevole». Un pericolo per «l'unità» dello stato. Qualcuno da eliminare. E puntualmente è stato eliminato.
Ora a Istanbul si vuole ricordare Dink e il suo lavoro con questa installazione. Una mostra «sonora». Nel senso che assieme ai poster e alle riproduzioni di alcuni articoli del giornalista, si potranno ascoltare quegli stessi pezzi letti da attori e intellettuali che hanno prestato la loro voce a questo progetto. Nato per iniziativa di un gruppo di giovani armeni, aleviti, kurdi, turchi, chiamato «Hadig» (grano in armeno), Tilili raccoglie 19 articoli scritti da Dink. 19 come la data in cui è stato assassinato il giornalista, il 19 gennaio. E 19 sono le voci che partecipano al progetto. Ma l'emozione più grande è ascoltare la voce dello stesso Dink.
Il progetto è completato da una serie di poster, tra cui quello che riproduce quattro melograni. Il melograno, nar, è il simbolo della fertilità, della convivenza. «I semi del melograno siamo noi - dice una delle organizzatrici dell'evento - con le nostre diversità, lingue, culture, tradizioni diverse che quando si uniscono formano l'integrità della Turchia».
Kalan musik, la casa discografica indipendente che da anni produce musica dalle Turchie (al plurale perché tante sono le etnie che compongono questo straordinario paese) ha messo a disposizione del progetto i suoi studi. Qui sono state registrate in tre settimane le letture degli articoli di Dink. Tra le voci, quella di Mehmet Ali Alabora, Okan Bayulgen, Haluk Bilginer, Yetkin Dikinciler, Tuncay Kurtiz, Fikret Kuskan, Lale Mansur, Serra Yilmaz. Gli organizzatori del progetto (che dovrebbe girare anche in Europa e negli Usa) non nascondono la loro preoccupazione per le reazioni che un simile evento potrebbe scatenare.