venerdì 30 novembre 2007

Programma presentazioni

14 dicembre 2007: Palermo - Spazio Nike, Via Monteleone, 3 (davanti Libr. Mondadori di Via Roma) ore 19:00

16 dicembre 2007: Bagheria (PA) - Palazzo Cutò, via Consolare ore 18:00

lunedì 19 novembre 2007

Basterebbe bucare e prenderlo

Ad Erbil, uno sente scorrere sotto i piedi la storia assieme al petrolio: Erbil o Arbil, se scegli la pronuncia araba, o Hawler in curdo. Nel vecchio testamento compare col nome di Arbira, mentre Gesù, passando dal sumero all'aramaico, l'avrebbe chiamata Obilm. La cittadella che domina l'accozzaglia di costruzioni pre e post moderne che fanno l'urbanistica diffusa della Mesopotamia, hanno iniziato a costruirla circa 8 mila anni fa, prima che i faraoni schiacciassero i loro schiavi sotto i massi delle piramidi. Erbil ti offre la modernità d'importazione dei blocchi di cemento anti auto-bomba attorno ad ogni presidio governativo od occidentale, assieme agli affollatissimi bazar dove la politica, anche questo prodotto d'importazione, torna alle origini delle appartenenze tribali. Tappeti di fabbricazione industriale dove compare il leader curdo Barzani. A Suleymania invece, per l'arredo va di moda soltanto Talabani. Balzani o Talabani, o le antiche tribù feudali alleate con l'uno o con l'altro, ad andamento variabile. In questo scenario, anche la parola «democrazia» con cui le diplomazie si riempiono la bocca, deve essere tradotta. Grazie all'interessata mediazione americana prima e dopo la guerra a Saddam, a Barzani è toccato il governo locale della «Regione del Kurdistan iracheno», di cui è presidente. A Talabani, il signore di Suleymania e dei territori ai confini con l'Iran, la presidenza di tutto l'Iraq, facendo finta che lo stesso esista ancora come Stato unitario. Ora Barzani, messo alle strette dai padroni americani, ha dichiarato le sedi politiche del Pkk illegali. Le ho visitate ed erano semplici botteghe da bazar. Non più scrivanie e scritte fuori, ma per il suk, ovunque in kurdistan, il sostegno popolare di chi li considera i patrioti della prima ora, prima contro Saddam e ora a favore dei milioni di curdi in Turchia. Il presidente Talabani, da Baghdad, costretto a sua volta ad annuire agli ordini americani, nei suoi territori i ribelli del Pkk li mimetizza tra i Peshmerga delle sue milizie personali. Sulla questione petrolio, gli specialisti ci dicono che là sotto ce n'è di più di quello che calpestano le babbucce dorate degli sceicchi sauditi. Basterebbe bucare e prenderlo.
il manifesto del 17 Novembre 2007

martedì 6 novembre 2007

Il dolore di una madre


Dopo due anni è stata la volta dei Elif, la sorella. Continua la madre: “Elif lavorava, come sua sorella, per quella rivista curda. Un giorno ne ha portato alcune copie a Bagivar. Lì è stata arrestata (i giornali in curdo non erano permessi all’epoca e, ancora oggi, sono sottoposti a sequestri e chiusure da parte del governo, ndr). L’hanno portata in una baracca e l’hanno torturata, minacciandola anche con i cani. Non mi ha mai voluto raccontare quel che è successo in quel posto. So solo che non l’ho più rivista e due anni dopo (siamo nel 2002) si è data fuoco negli uffici di Istanbul del suo giornale. Ha messo davanti a lei i vestiti della sorella e si è uccisa per protesta contro le associazioni che cercano il dialogo quando l’esercito continua a uccidere i curdi nei villaggi e sulle montagne”. Rabia Celikbilek ha invece perso il figlio Fesih. Racconta: “Aveva 16 anni quando è andato sulle montagne. Era il 1992. C’è stato per quattro anni. Una volta per andare a trovarlo sulle montagne ho perso anche l’altro mio figlio che aveva otto anni. Era malato ai polmoni e non ha retto al viaggio. Poi un giorno qualcuno del Pkk ci ha chiamato e ha detto: ‘Vostro figlio è diventato martire’. Non abbiamo visto il suo corpo e non sappiamo dove è sepolto. Intanto mio marito, Abdurrahman, è stato accusato di essere un membro del Pkk ed è stato condannato a 15 anni. Per fortuna è riuscito a scappare in Germania. Il fratello di mio marito è stato arrestato. Sono arrivati quelli di Jitem (il gruppo paramilitare agli ordini del governo che compie gli atti più efferati in Turchia, ndr) e lo hanno arrestato. Dopo sette giorni è stato trovato morto vicino a Mardin. Gli altri due fratelli, che sono andati sulle montagne, sono stati uccisi”. E conclude: “Malgrado tutto il nostro dolore, noi insistiamo sulla possibilità della pace e non vogliamo la morte di nessuno”.

Curdi, protesta davanti a Montecitorio contro Erdogan

ROMA, 5 NOV - ''Erdogan assassino! Siamo tutti Pkk!'': sono in almeno 150 a gridarlo, oggi pomeriggio, davanti a Montecitorio, per protestare contro la visita in Italia del premier turco che; tra mercoledi' e giovedi' incontrera' il presidente del Consiglio Romano Prodi e le massime autorita' dello Stato. Sono in maggioranza curdi di nazionalita' turca, ma ci sono anche simpatizzanti italiani alla manifestazione che e' stata organizzata dai principali gruppi curdi in Italia: Coordinamento Kurdistan, Uiki (Ufficio informazione del Kurdistan in Italia), Ararat, Circolo Kurdistan Ponsaco, Associazione Azad insieme a Progetto Diritti, Donne in nero, Un ponte per..., Arci, Prc, Pdci, Senza Confine. ''Chiediamo al governo italiano che proponga a Erdogan una soluzione politica e non militare alla questione curda'', ha detto all'ANSA Mehmet Yuksel, presidente dell'Uiki. ''Ci sono 100 mila militari turchi schierati al confine con l'Iraq - ha aggiunto -, ma sulle montagne del Kurdistan si puo' resistere per secoli. Chiediamo una soluzione complessiva attraverso un dialogo pacifico. Ankara sta cercando di bloccare l'autonomia che sta nascendo nel Kurdistan iracheno, ma una soluzione militare non e' praticabile''. ''I villaggi oltre il confine iracheno si stanno svuotando - ha detto ancora Mehmet Yuksel -, la popolazione e' nel panico perche' teme di essere bombardata e sta fuggendo verso le citta' piu' grandi''. Intanto, davanti alla Camera, si grida il nome di Abdullah Ocalan, il leader del Pkk detenuto in Turchia, e i cartelli sono espliciti. ''Stop alla vendita degli elicotteri italiani alla Turchia'' e ''Basta accordi commerciali con questa Turchia''. Per i prossimi giorni sono previste manifestazioni in molte citta' italiane: Milano, Venezia, Modena, Trieste. E a Roma, mercoledi' conferenza stampa dei curdi in Senato.

da UIKI onlus